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La stella sibillina - un libro di Mario Nicolao

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“La stella sibillina” – Un libro di Mario Nicolao – Archinto 2019

Nonostante lo scorrere del tempo, “ho desiderato il paradiso, mi sono accontetato dell’inferno”, sembra dirci ‘volando alto’ l’autore di questo prezioso cammeo che ripercorre le strade del Mito ctonio dell’Oscurità orfica, ripreso dal leggendario viaggio del poeta Orfeo nell’Ade alla ricerca di Euridice, che Mario Nicolao rintraccia, nelle tappe rilevanti della sapienza greca (del periodo arcaico VIII – VI sec. a.C.), attestandone il valore creativo, o meglio ‘la sua forza evocativa’, nell’ambito della scrittura poetica del Novecento.

Viene da chiedersi con quali occhi noi guardiamo oggi a quei cieli così gravidi di un passato senza avallo, concepito in amplessi furtivi per un misero aborto d’idee appassite, ancor prima d’esser rifiorita in noi la speranza di un futuro sagace? Con quale purezza crediamo di poter accedere alla sublimità di quell’empireo scomparso che pure ci è dato contemplare di qua dall’orizzonte, se in ultimo, ciò che alla vita compete è solo di scendere nell’immensa voragine del profondo, nell’incerto oscuro mondo che ci accoglierà furtivi?

Con quale sentire ci avvicineremo al riscatto mitico di Orfeo se l’insegnamento dei ‘grandi’ del passato sfugge alle nostre orecchie frastornate dal chiasso che fanno le dispute eccessive, i ferri battuti, gli scismi e gli squarci abbacinati delle guerre, cui pure siamo sopravvissuti e/o ancorché scomparsi, andiamo alla ricerca del carattere ‘orfico’ della liricità poetica, della bellezza onirica dell’arte, della purificazione iniziatica dell’anima, non meno del Mito che lo contempla? Ciò, per quanto l’autore non sembri in cerca di risposte ma di affermazioni, richiama alla nostra attenzione la necessaria discesa agli inferi che dobbiamo intraprendere per il suo raggiungimento.

Possiamo noi, in quanto neofiti, affermare con Mario Nicolao di essere seguaci, nonché oscuramente sibillini, di quel movimento poetico afferente all’Oscurità orfica che fin dall’antichità impone la sua presenza in molta produzione letteraria contemporanea, in cui annaspiamo al pari di clandestini in cerca di un approdo che non ci è dato? Siamo davanti alla mutazione dell’orfismo della parola, caratterizzata dalla dottrina della metempsicosi e da riti per la purificazione dell’anima riservati non più solo agli iniziati che nell’antica Grecia sceglievano (e/o erano scelti) nell’orphne la via da seguire; bensì alla copiosa ‘Oscurità orfica’ dei nostri giorni.

Numerosi sono gli esempi di riferimento ‘colto’ che l’autore raccoglie nelle pagine del libro, nei quali Thanatos (potenza ctonia degli inferi) interferisce fra vita e immortalità, come sempre sarà «..nel rapporto prima positivo poi negativo con l’amore … a causa della morte.» Ciò, per quanto l’amore, come la morte, ha molte sfaccettature diverse, si riveste di molteplici maschere, è soggetta a numerose interpretazioni che, pur tuttavia non dissimula, non occulta la fine che incombe, di cui è ‘oscura’ portatrice.

Quale fosse l’oscuro ‘sibillino’ sentire di Stéphane Mallarmé, o di Marcel Proust, di Marina Cvetaeva o di Mario Richter e Tommaso Landolfi, tutti autori ‘interpreti’ di questo libro, le cui opere Mario Nicolao scandaglia fin nel profondo nell’intento di svelarne il segreto fluire poetico, sotto l’egida landolfiana: «Nulla significare, nulla dire», permette a noi lettori di inoltrarci in quel ‘mondo profondo’ che attraversa tutta la letteratura del Novecento e che giunge fino ai nostri giorni. Tant’è che
viene da chiedersi perché non Boudelaire e tutti i ‘poeti maledetti’; perché non Bulgakov e Pirandello e/o Leopardi, perché non tanti altri … (?)

Ma questo non vuole essere un compendio di nomi da includere in una lista, bene ha fatto l’autore a limitare il campo di ricerca all’interno di un progetto letterario la cui intenzione precipua è quella di: “..avvicinarci al senso dell'Orfismo e di svelare la presenza dell’Oscurità orfica nella scrittura poetica del Novecento”; «Su cosa davvero cercavano i Greci (e dopo di loro gli altri popoli che vi hanno fatto riferimento per secoli)»; o del perché noi ancora oggi torniamo soventi al mito di Orfeo, non è dato sapere. Di certo facendo ad esso rirferimento, s'apre davanti a noi un futuro aspro che fin sulla soglia denota un oscuro sopito silenzio di morte.

Di quali accordi – mi chiedo – noi (scrittori e poeti) instancabili cercatori d'oro e di perle, di muse e d'eroi, di meraviglie già viste, consumate fino allo stremo, che abbiamo ighiottito finanche le parole, fermate sul liminare del tempo, andiamo alla ricerca? Mario Nicolao ci rammenta, in esergo, che «Il mito è ciò che non è mai avvenuto ma è sempre», a cui aggiunge a mo’ di postilla: «Orfeo , il cantore privilegiato e solitario, (è) il vero e proprio archetipo della poesia lirica occidentale»,

e che noi, in limine, siamo i suoi sudditi.


L'autore:
Mario Nicolao, nato a Pesaro, ha vissuto tra Milano, Parigi e Genova. Oltre a due libri di poesie, Carte perse e Falso Haiku, ha scritto con Vincenzo Consolo Il viaggio di Odisseo e con Aldo Buzzi Lettere sulbrodo. Ha pubblicato saggi su Tommaso Landolfi, Richard Burns, Stéphane Mallarmé, Marcel Proust e soprattutto sul poeta siriano Adonis di cui ha curato diversi libri narrativi.






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